Conferenza stampa di presentazione dell’evento “Parlate di mafia – III edizione”
Si terrà il 18 luglio a Catania la terza edizione dell’iniziativa “Parlate di Mafia”, a cura dell’Ufficio Studi di Fratelli d’Italia in collaborazione con i gruppi di Camera e Senato. Un convegno diviso in due momenti, che vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Arianna Meloni, Chiara Colosimo, Wanda Ferro, Andrea Delmastro Delle Vedove, Vincenzo Ceruso – autore del libro “La strage. L’agenda rossa di Paolo Borsellino e i depistaggi di Via d’Amelio” -, il Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania Roberto Di Bella, Fabio Ciciliano, Commissario straordinario per Caivano, e il giornalista Antonino Monteleone.
Fin dal suo insediamento, la Commissione Antimafia si è posta l’ambizioso obiettivo di giungere, dopo oltre trent’anni, alla verità sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
È necessario scoprire chi sono i veri mandanti delle stragi e fare luce sulle indagini che stavano portando avanti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino quando sono stati uccisi.
Come insegnano i due giudici antimafia, la criminalità organizzata – non solo quella di stampo mafioso – ha sempre avuto la capacità di generare consenso sociale, anche attraverso modelli culturali disfunzionali diffusi in tutto il territorio nazionale.
Per contrastare questo fenomeno è necessario un cambio di paradigma, le cui basi vengono gettate già nel cosiddetto “Decreto Caivano”. Il provvedimento, infatti, muove dalla considerazione che le cosche criminali si possono avversare a partire dalla lotta al disagio giovanile, all’emarginazione e alla povertà educativa che si sono annidati in troppe periferie italiane abbandonate a loro stesse per decenni e divenute delle vere e proprie “zone franche”.
La novità nel combattere la criminalità, soprattutto giovanile, risiede, dunque, non tanto nella risposta securitaria – seppur importante e necessaria – quanto in quella culturale e sociale.
Infatti, la mitizzazione di modelli criminali, unita all’assenza delle istituzioni e al contesto economico-sociale difficile sono tra i principali elementi che causano la proliferazione della delinquenza giovanile.
Questo è ancora più vero in quelle zone in cui la malavita è più radicata, che, spesso, sono anche quelle in cui l’incidenza della povertà educativa e dell’abbandono scolastico sono più alti.
Quanto accaduto negli ultimi anni a Caivano ne è un fulgido e drammatico esempio: si è scelto di partire da questo territorio per invertire la tendenza e seguire un approccio nuovo al problema anche in tutte le altre «Caivano d’Italia», mediante un modello volto ad imprimere quella che Paolo Borsellino chiamava «cultura della legalità».